Empedocle

 EMPEDOCLE


Tra i precursori del nuovo approccio di carattere scientifico, nel V secolo a.C., bisogna considerare innanzitutto Empedocle di Agrigento, presentato dalla tradizione come poeta, medico, taumaturgo e mago. Nel poema Sulla natura Empedocle descrive la nascita dell’universo a partire dalla situazione originaria di una totalità indifferenziata, lo sfero, in cui si mescolano e confondono il fuoco, l'acqua, la terra e l'aria, che rappresentano le “quattro radici", cioè i quattro elementi primordiali. Tali principi sono eterni, immutabili e identici a se stessi, come l'essere di Parmenide. Ciascuno di essi può essere suddiviso in parti più piccole, ma ogni particella così ottenuta conserverà sempre necessariamente la medesima qualità che aveva nell’intero


 Le  forze cosmiche 

Empedocle ipotizza che, la causa prima del processo di separazione degli elementi,  siano due forze cosmiche, l'amore e l'odio, le quali presiedono rispettivamente all’unione e alla separazione dei principi originari. Mescolando o separando le quattro radici, tali forze determinano la generazione e la dissoluzione di tutte le cose. Le differenze che si riscontrano nell’universo dipendono poi dalle svariate possibilità di combinazione e di aggregazione. Per Empedocle la nascita e la morte, attestate dall’esperienza dei sensi, sono da attribuire alla mescolanza e alla separazione di elementi originari che rimangono qualitativamente inalterabili e intrasformabili. L'azione delle forze cosmiche è continua ed esse si avvicendano costantemente, cosicché a un ciclo di disgregazione dominato dalla contesa ne segue sempre un altro di riaggregazione presieduto da amore, in cui il mondo ritorna a essere perfettamente unito nello sfero, dominato dall’armonia, privo di conflitti, senza distinzione di parti al suo interno. Possiamo dire che l'esistenza per Empedocle costituisca il momento intermedio, che non è né pieno amore né piena contesa, bensì la tensione tra i due estremi.


 La teoria della conoscenza e la concezione del male

Secondo Empedocle dalle cose si sprigionano effluvi che colpiscono gli organi sensoriali, e le parti simili dei nostri organi riconoscono le parti simili di tali effluvi provenienti dalle cose. Gli uomini, scrutando a fondo nella propria esperienza di vita, per il filosofo possono aspirare a conoscere il ritmo di tutta la realtà. Per quello che riusciamo a dedurre dai pochi versi del poema Sulla natura che ci sono rimasti, possiamo dire che Empedocle da una parte ci offre una descrizione poetica dell'universo dominato dall’amore e dalla concordia a cui l'umanità deve tendere, nonostante l'azione della forza contraria; dall’altra, si rivela attento all'esperienza e all'osservazione concreta.


La finalità pratica del sapere di Empedocle

Empedocle, oltre a spiegare il mondo nelle sue caratteristiche fisiche, pare essersi anche attribuito una missione terapeutica. Nelle Purificazioni l'autore si presenta ai concittadini di Agrigento come un dio immortale, seguito da una moltitudine di uomini e donne che gli chiedono guarigioni. A loro Empedocle promette la liberazione dagli affanni e dal dolore che nascono dal timore della morte e dall’ignoranza. Gli uomini devono giungere alla consapevolezza che la morte non esiste, perché il loro essere non si distruggerà, ma tornerà a unificarsi con il tutto dal quale deriva.  Mediante la conoscenza della natura e basandosi sull'esperienza, l'uomo sarà in grado di trovare anche i giusti rimedi agli affanni e alle malattie.  In conclusione, per quanto il contributo di Empedocle alla scienza dell’epoca sia limitato in termini di nuove conoscenze, tuttavia nei quattrocento versi delle opere che ci restano si respira un'atmosfera di ammirata compartecipazione alla vita della natura e l'ardente aspirazione a guarire l'uomo, che bene si intonano con gli sviluppi della cultura scientifica e medica.



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